BALI, NOMADI E DIGITALI #03
Sono quasi 8 mesi che giro l'Asia, tra Nomadi Digitali e Imprese Creative. Lavorare e Viaggiare è qualcosa che si può fare.
Mi trovo a Bali da un paio di settimana e mi piace molto, perché, nonostante ci siano altri posti belli nel mondo, and esempio i tramonti qui non sono da meno di quelli di Fregene o Santa Marinella nel Lazio dove passo le vacanze al mare in estate, ma da digital nomad, sento che questa isola rappresenta una sorta di capitale per chi ha questo stile di vita. Ne ho parlato questa domenica in compagnia di altri digital nomad sul programma con cui collaboro, su Radio24, in cui ho affrontato il tema di come lavorare viaggiando è la scelta di sempre più persone.
ASCOLTA QUI LA PUNTATA SU RADIO24 DEI NOMADI DIGITALI.
Mi interrogo sul perché Bali è così popolare in Europa e America.
1) Ho notato che qui ci sono più stranieri che locali, e molti dei locali sono originari di altre isole che vengono qui per lavorare. Questo crea un ambiente internazionale che facilita le idee.
2) Le persone qui dicono spesso di non-lavorare, una frase che sento spesso tra chi ha professioni non convenzionali. Essere un digital-nomad richiede creatività.
3) Qui c'è una varietà di stili di vita e esperienze, e per la legge dell'attrazione, l'isola ha attirato molte persone simili.
Ho fatto un test nel coworking dove sono. Una ragazza svedese lavora da qui perché può farlo in remoto durante l'inverno. E stare qui costa meno che in Svezia, dove fa pure freddo.
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Prima di arrivare a Bali ero preoccupato per i costi, ma qui è meno caro che in Italia: un pranzo o cena completa costa tra 10 e 20 euro, un taxi per attraversare l'isola 10 euro, una lezione di yoga meno di 8 euro e una casa sul mare costa 15 euro a notte.
È una vita di qualità, bilanciata con il lavoro.
Ho incontrato due ragazze che devono finire la tesi di laurea; un ex giornalista della CNBC che crea oggi video per aziende, e ne ha guadagnato in qualità di vita ed economica; uno sviluppatore che può lavorare da remoto; un content creator per i social media; e un team di Java, un altra isola indonesiana, che lavora per il settore dell'ospitalità e qui trovano una libertà che manca altrove.
C'è un ottimo Wi-Fi, che non ho trovato in altri luoghi dell'Asia.
I costi delle case e degli affitti sono bassi e c'è una varietà di servizi, trovi tanti coworking, studi di yoga, templi dove pregare.
Bali sento che ha raggiunto l’apice di questo modo di vivere, chi non deve fare un lavoro come la maggior parte delle persone: o che non hanno legami sociali come i figli o altro. Ma anche in questo caso, avere i figli, ho scoperto con i miei ospiti in Radio non fa tanto la differenza, perché è sempre una questione di scelte. Qui a Bali vedo anche cosi tante famiglie con bambini!
Bali, a differenza del resto dell'Indonesia che è musulmana, è di origine indù e ha un tempio ogni 100-150 metri.
Ci sono anche dei lati negativi. Ho letto di una influencer ricercata dalle autorità per un video su TikTok che criticava i motorini e la maleducazione di alcuni Balinesi. Che paura!
Dunque il digital nomadismo ha Bali come capitale, ma anche la Korea sta diventando una meta popolare. Dal 1 gennaio 2024, la Corea del Sud ha lanciato un nuovo visto per digital’nomad, valido per stare due anni.
Fino a poco tempo fa, viaggiando per il mondo e lavorare in remoto, si avevano solo 2 opzioni: un visto turistico o un visto di lavoro. Ora, in più di 50 paesi, c'è un visto specifico per digital nomad, come le Mauritius che hanno introdotto il "Premium Visa" nel 2020. Seguita dall'Estonia, per riconoscere l'importanza del lavoro remoto.
E prima di lasciarti, volevo raccontarti di questo progetto che ho scoperto proprio qui a Bali, tra gente che fa surf e poi lavora.
In questo coworking ho incontrato una ragazza israeliana che lavora metà dell'anno da qui e l'altra meta in ufficio a Tel Aviv in Israele, per bilanciare vita personale e lavorativa e non solo. Lavora per HaGal Sheli, parola ebraica che dovrebbe significare “la mia onda”. È una onlus che fa surf-terapeutico. Il surf è uno strumento educativo e offre ai giovani a rischio la possibilità di superare sfide.
Loro curano i bambini delle comunità di confine di Gaza, danno aiuto ad oltre 700 bambini, adolescenti e giovani adulti attraverso programmi di trasformazione personale che utilizza il surf come strumento educativo e offre la possibilità di cavalcare l'onda per superare le sfide e le difficoltà della vita. Affrontando le forze uniche del mare e superando la sfida del surf, si acquista fiducia in se stessi e il senso di realizzazione necessari per spingersi attraverso sfide di vita equivalenti.
E cosi stanno aiutando anche i superstiti dell’attaccoi di Hamas in Israele del 7 ottobre scorso. Perche' il surf è anche uno strumento per fare molto altro, ho scoperto proprio qui da Bali.